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Sembra
curioso a dirsi ma anche sul territorio valtellinese, più precisamente a
Prosto di Piuro in Valchiavenna, viene effettuata la lavorazione del lino
secondo metodi antichi e artigianali. In passato anche a Bormio questa
attività rivestiva notevole importanza per l'economia locale ed era
regolamentata dagli statuti bormini. A testimonianza di ciò è tuttora
presente nei pressi del Museo Civico a Palazzo De Simoni la sala telaio
che ospita gli strumenti utilizzati in passato per la lavorazione di lana
e lino.
I semi di lino vengono piantati e coltivati con diversi scopi, primo fra
tutti la tessitura che tratteremo in questa sede, seguono la produzione
di olio, miele e unguenti medicamentosi. Il processo di lavorazione del
lino per la sola produzione di filati utilizzati per la tessitura è
particolarmente laborioso soprattutto se praticato interamente a mano
senza l'ausilio di macchinari industriali. Si inizia con la raccolta
della piante di lino che avviene nel periodo estivo, solitamente nel mese
di luglio.
Una volta tagliate alla base le piante vengono lasciate sui campi per
circa sette giorni per favorirne l'essicazione. Trascorso tale termine
vengono immerse in acqua per altri sette giorni per ammorbidirle e
rendere quindi più agevole la loro lavorazione. Successivamente vengono
unite in piccoli mazzi, detti manipoli, e poste ad asciugare al sole
appese sui terrazzi o adagiate sui tetti delle abitazioni.
Un'usanza particolarmente sviluppata è infatti quella di appendere lino,
pannocchie ed altre erbe sulle balconate delle case per favorirne
l'asciugatura e l'essicazione: chi non ha mai notato nei piccoli borghi
rurali gli arcobaleni di colore che nei mesi estivi adornano le vecchie
case contadine!
Ma torniamo a noi. Una volta termina l'asciugatura i mazzetti vengono
passati con la gramola (attrezzo
artigianale) per separare le fibre dalla parte più legnosa del lino e
renderlo quindi più morbido. Si tratta solo del primo passaggio della
lavorazione, infatti la pianta viene successivamente sottoposta alla
"battitura" per eliminare definitivamente i residui legnosi e alla
cardatura che avviene utilizzando dei pettini "chiodati" con tramatura
più o meno fitta a seconda delle necessità. Il risultato finale è una
fibra avente forma a spirale di consistenza morbida. Gli scarti legnosi
non vengono buttati via ma utilizzati come concime, combustibile o
isolante. Termina qui la fase volta all'ottenimento del filato grezzo che
viene successivamente filato utilizzando il fuso o il "filarello"; la
matassa viene ottenuta tramite l'ausilio dell' "aspro".
L'ultimo procedimento consiste nella bollitura della matassa avente lo
scopo di ammorbidirla ulteriormente, sbiancarla e assottigliare il filo.
Volendo, sempre in fase di bollitura e tramite l'utilizzo di coloranti
naturali, è possibile tingere la matassa.
Una visita al museo della Tessitura in località Prosto di Piuro, presso
il laboratorio Lucchinetti, consente di ammirare manufatti di rara
bellezza tra i quali i pezzotti vtitleellinesi e altri tessuti di pregevole
fattura. Lo stesso è arricchito dalla sezione museale riguardo la pietra
ollare.
Impossibile poi non fare un salto a Prosto di Piuro se ci si trova a
Chiavenna nel mese di luglio, quando, durante un week-end, si svolge la
festa della mietiura (informazioni: 034335905 - 3402620645 -
pietraollare@libero.it) nella
quale si possono scoprire molte curiosità riguardo il lino, oltre che
appuntamento per una festa paesana dal sapore antico.
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