Consigli | Città  | Musei | Storia | Alpi Orobie | Prealpi | Parchi | Fauna | Val Chiavenna | Valmasino

Valmalenco | Retiche | Ortles Cevedale | Alta Valle | Itinerari | Prodotti Tipici | Gastronomia | Sagre

Prodotti Tipici

 

   

L'allevamento del bestiame nelle valli alpine fu iniziato, secondo alcuni storici, dai Celti, quando cacciati dai Romani dalla pianura Padana si spinsero verso le Alpi e vi trovarono sicuro rifugio dedicandosi così all'attività pastorale, la sola che potesse consentire lo sfruttamento dei fertili pascoli naturali. Risorsa principale del panorama gastronomico valtellinese è quindi da sempre il latte.
L'usanza giunta fino ai giorni nostri di allevare durante la stagione estiva gli animali da produzione di latte negli alpeggi garantisce l'ottenimento di un latte denso, dolce e cremoso che ben si presta alla lavorazione casearia.
Inoltre l'alimentazione basata su erbe montane, infiorescenze e erbe medioevali conferisce al latte molteplici sostanze nutritive ed un aroma inconfondibile.
Una volta munto il latte viene portato presso le latterie sociali per la lavorazione mentre, nel caso specifico per la produzione del formaggio Bitto avviene direttamente in capanne itineranti dette "calècc": tipiche costruzioni in pietra fissa coperte da un telo mobile presente esclusivamente nelle valli del Bitto e che rappresentano un patrimonio storico e culturale in quanto costruite per ottimizzare la qualità del prodotto. Il latte viene fatto bollire in grosse caldaie dette "culdere" e, in base al prodotto che si vuole ottenere, sottoposto a diverse fasi di lavorazione.
 

Prodotto caseario per eccellenza è il burro ottenuto attraverso la zangolatura di panna ricavata dalla scrematura del latte. Il prodotto ottenuto si presenta con una colorazione più intensa di quello prodotto industrialmente, tendente quasi al giallo paglierino. Anche il gusto risulta più deciso al palato ed è particolarmente indicato per un consumo "al naturale". In passato l'operazione di preparazione del burro veniva spesso assolta della donne utilizzando uno strumento artigianale di legno detto "penagia".

altra lavorazione particolare è adottata per la produzione della ricotta; si tratta di un formaggio tenero in fiocchi il cui consumo deve avvenire entro pochi giorni dalla produzione. Per la sua preparazione viene utilizzato il siero residuo dalla lavorazione dei formaggi a cui vengono aggiunti latte e panna. Durante la bollitura il formaggio affiora in superficie, viene raccolto in appositi cestelli e fatto sgocciolare.

Per quanto riguarda i formaggi la cui stagionatura richiede periodi di tempo più o meno lunghi, posto d'onore è riservato al formaggio Bitto. La parola Bitto "Bitu", significa perenne e affonda le suo origine nel dialetto celtico.
Le condizioni base per ottenere il meglio del formaggio Bitto, e che quindi rendono più favorevole l'impiego dei Calèc sono:
1 - trasformare immediatamente il latte senza farlo raffreddare;
2 - non stancare la vacca onde ottenere un prodotto più concentrato.
Le vacche pascolano nelle vicinanze di questa baita ed il latte appena munto viene perciò immediatamente trasformato. Esaurita l'erba si raccoglie il telo e ci si sposta in un altro Calècc. Piccoli particolari che hanno permesso al Bitto di rappresentare la massima espressione del lavoro contadino in montagna.
Essendo impensabile che tutta la popolazione seguisse il bestiame alle titlee quote ed essendo precarie le condizioni delle vie di comunicazione, quei primi mandriani dovettero per forza di cose escogitare qualche sistema che permettesse loro di conservare nel tempo e di trasferire nello spazio il latte, il principale prodotto; la soluzione più logica fu naturalmente quella di trasformarlo in formaggio.
Il Bitto "Valli del Bitto" è l'unico formaggio al mondo che dura oltre i 10 anni, possibilità questa che si verifica quando si fondono tutte le condizioni naturali che generano questo formaggio, legate a:
1- Abilità del "casaro";
2- Condizioni fisiche della vacca;
3- Qualità dell'erba;
4- Condizioni climatiche.
La tradizione, o meglio l'antica tecnica di lavorazione e produzione, continua ancora oggi tramandata con sapienza e lungimiranza di generazione in generazione, di secolo in secolo.
Queste valli ancora oggi permettono di respirare il clima ed i segni del mondo pastorale, che indelebilmente portano impresse nei suoi aspetti più genuini e tradizionali, e ritrovare l'ambiente rustico e frugale proprio del vivere montanaro, di una civiltà che scandisce la vita e il tempo delle genti e delle vallate, di un mondo rurale profondamente radicato nella cultura locale, sorto e sviluppatosi attorno all'allevamento del bestiame ed alla trasformazione del latte in un prodotto molto raffinato; è facile da ciò capire che il Bitto non è una produzione infinita, ma limitata. Dunque questo è un formaggio che può variare secondo mutazioni naturali (proprio per questo è unico); i "casari" delle Valli del Bitto lo sanno e possono quindi pilotare l'invecchiamento delle forme più adatte.
Questi produttori sono dotati di un marchio a fuoco riconosciuto col nome "Valli del Bitto" e di uno statuto differente rispetto agli altri produttori di Bitto che impone un disciplinare ligio alla tradizione secolare che ha fatto la storia del Bitto: vi è in particolare l'obbligo assoluto di sola alimentazione spontanea d'alpeggio.

Di sapore più dolce e di qualità più "comune" è il Valtellina Casera che affonda le sue origini nella diffusione delle latterie sociali.
Si tratta di un formaggio prodotto con latte vaccino parzialmente scremato ottenuto da bovini alimentati esclusivamente con erba e fieno la cui pasta ha una colorazione variabile dal bianco al giallo paglierino a seconda della stagionatura che deve durare almeno 70 giorni.
La zona di produzione, a differenza del formaggio Bitto, è stesa a tutto il territorio della provincia di Sondrio.

Chiudiamo infine questa carrellata di prelibatezze derivanti dal latte con lo Scimudin, diminutivo di scimuda cioè cagliata, termine con il quale viene indicato generalmente il formaggio di latteria.
Si tratta di una formaggella ottenuta con il latte vaccino; in alcune valli laterali viene prodotta mischiandolo a quello caprino. Il breve periodo di stagionatura (3-4 settimane) fa supporre che in origine fosse prodotto unicamente per un consumo casalingo; non era quindi previsto un lungo periodo di conservazione. La pasta è bianca e soffice con un gusto dolce e cremoso che lo rende particolarmente indicato per un consumo a tavola.


Giovane o stagionato il formaggio valtellinese può essere consumato in ogni occasione, meglio ancora se accompagnato da un buon bicchiere di vino valtellinese e del pane di segale.