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Trekking OrobieLe emozioni della natura a due passi da noi: alla scoperta di flora, fauna e stupendi paesaggi alpini! L’individuazione d’un nuovo percorso in quota, che
definiremo “sentiero-scoperta” e di cui parleremo dettagliatamente in
seguito, ci fornisce lo spunto per descrivere quello che si può a ragion
veduta finalmente definire il Sistema integrato di sentieri e rifugi
delle Alpi Orobie nord-orientali. Esso interessa tre provincie:
Brescia, Bergamo e Sondrio. Per la sua posizione privilegiata di
“confine” nelle Orobie, l'area alpina compresa tra la porzione ovest del
comune di Édolo, quella nord di Malonno, Paisco-Loveno, Schilpario e
Vilminore di Scalve, quella sud di Teglio, Aprica e Córteno Golgi, offre
grandi balconate panoramiche, praticamente a 360°, sulle intere Retiche,
l'Ortles-Cevedale, il massiccio dell'Adamello-Presanella, le Alpi
Camoniche, la Concarena, la Presolana e le Orobie nord-centrali. Oltre ad
essere un’area alpina di per sé bellissima da ogni punto di vista:
ambientale, floro-faunistico e morfologico.
1° giorno, meta il Rifugio Nani
Tagliaferri al Passo Venano (2.328 m.) per Malga Demignone Avendo come base Aprica o dintorni (gli alberghi e residence di Aprica, il camping di San Pietro, il rifugio Cristina, ecc.), si parte di buon'ora per Ponte Frera in Val Belviso (punto estremo dove si può arrivare in auto) e si raggiunge pressappoco l'estremità sud dell'omonimo lago artificiale. La salita inizia imboccando a est una carrareccia che in corrispondenza di Radici di Campo s’immette nella prima parte del 24 (prenderà il 311) o Sentiero dei camosci, ora carrozzabile, portando all’ampia conca di M.ga Demignone (1.904 m.). Qui si svolta a destra, dove il nuovo sentiero (il 301-G.V.O.) s’immerge subito in un vero e proprio giardino, dapprima di rododendri, poi doronici e molteplici altre specie, indi ranuncoli glaciali e vari tipi di primule. Se l’ora mattutina non è troppo avanzata, è il caso di guardarsi intorno in ogni direzione: siamo nel regno dei camosci e non sarà difficile scorgerne piccoli branchi o individui isolati, prima col binocolo, poi a occhio nudo, magari a poche decine di metri. Possibile anche l’avvistamento dell’ermellino, delle onnipresenti marmotte, del gallo forcello o dell’aquila. Le vette che si ammirano intorno sono numerose: citiamo solo il bellissimo Demignone, l’imponente Torena e il Gleno. Una cartina dettagliata ci aiuterà a identificarle tutte. Bella anche la veduta sull’ormai lontano Lago Belviso. Arrivati più o meno nel punto in cui il sentiero incrocia l’asse longitudinale della valle, si abbandona il 301-G.V.O. e s’imbocca a sinistra il n. 13 (prenderà il 313), che sale più ripidamente, giungendo in mezz’oretta al P.so di Venano (2.328 m.). Appena scollinato, ci si presenterà subito il bel Rifugio Tagliaferri, a lato del quale è la grande campana posta qui nel 1997 con l’apporto di CAI Aprica e Vilminore, in memoria dei caduti della montagna (ogni estate v’è la cerimonia in loro onore). Ci accoglierà il signor Francesco Tagliaferri, del quale non tarderemo a scoprire l’affabilità, la simpatia e, soprattutto, le ottime qualità culinarie. Per i più arditi, possibilità nel pomeriggio di salita al M.te Tornello o a una delle altre cime circostanti.
2° giorno, mete il Bivacco Davide
(2.645 m.) e il Rifugio Torsolèto (2.390 m.) Lasciato di buon’ora il Tagliaferri, si parte in direzione est lungo il segnavia n. 416 (è parte del Sentiero Italia, tratto Lombardia Sud). Il programma è di raggiungere il Bivacco Davide e il Rifugio Torsolèto, toccando ben sette passi in comode sei-sette ore (circa 8-9 km in linea d’aria e 15 di sentiero). Transiteremo nell’ordine da Venano, Vò, Demignone, Veneròcolo, Sellerino, Sèllero e Torsolèto. La lunga, anche se mai difficile traversata in quota che ci attende ci riserva un po’ di fatica, soprattutto per la lunghezza, ma anche meravigliose scoperte e panorami mozzafiato. La prima parte fino al P.so del Vò (2.368 m.) è in leggera salita. Il sentiero rimane costantemente sul versante sud (Bergamo), dàndo sulla profonda Valle di Vò e sulle belle Orobie centrorientali (dalla Presolana al Pizzo Camino). La flora presente a queste quote nel periodo giugno-luglio è una delle attrattive più interessanti per gli appassionati. Attireranno la nostra attenzione decine di specie, dai colori e dalle fogge diversissime. Tra i fiori più interessanti le numerose varietà di primule, la linaria alpina, le pulsatille, ecc. Dato uno sguardo al più fresco versante nord dal P.so del Vò, c’incammineremo ora verso il Demignone (2.485 m.), dopo un po’ salendo più ripidamente. È qui che incominceremo a vedere, guardando con attenzione, l’autentica rarità di questa zona: la timida viola di Comolli, presente in piccoli gruppi in mezzo al caratteristico sfasciume brunastro. Dal P.so Demignone un sentiero scende nell’omonima valle a nord, ma noi proseguiamo in quota, raggiungendo rapidamente in leggera discesa il P.so del Veneròcolo (2.314 m.), incrocio di sentieri. Qui arrivano infatti: dalla Val Venerocolino il sentiero n. 414, dall'Alpe di Pisa il 6 (prenderà il 301-G.V.O.) e dalla Val di Campo l'11 (prenderà il 332). Continuiamo per un tratto praticamente in piano lungo il 416, che lasciamo però presto per imboccare a sinistra il 122, il quale ci porta in salita ai 2.412 m. del Passo Sellerino. Da qui, virando di 90° ancora a sinistra (nord), inizia la parte più impegnativa, tutta in cresta. Quello che ci apprestiamo a percorrere è una specie di sentiero-scoperta, non attrezzato e quindi adatto ad escursionisti esperti, ma praticato abitualmente da appassionati della zona e battuto dai guardiaparco. È l’ideale per tutti quegli escursionisti che si sentono un po’ esploratori e che desiderano scoprire vie e punti d’osservazione nuovi, uscendo – seppure senza rischi – dal sentiero ufficiale (utile, in ogni caso, essere accompagnati da una guida). La via, di eccezionale pregio panoramico, è facilmente individuabile poiché segue la cresta verso nord-nord-est, in direzione dapprima del M.te Tre Confini o Veneròcolo (2.590 m.), indi dei M.ti Colombaro (2.687) e Sèllero (2.744 m.). La parte fuori dal sentiero segnato (ca. 2 ore) termina sul Sèllero, “tetto” del nostro trekking, con l’immissione nel Sentiero “4 Luglio”. Seguendolo in direzione della maratona del cielo si raggiunge rapidamente P.so Sèllero (2.439 m.), sebbene la discesa sia ripida, con anche due brevi tratti di corda fissa. Quella che abbiamo appena descritto è oltretutto una valida e più rapida titleernativa all'unica via ufficiale, la quale dal P.so Veneròcolo – dapprima ancora per il 416, poi per un sentiero a sinistra – prosegue verso est e scende dal P.so Sellerino in Val del Sèllero (alta Val Paisco), fino ad una quota intorno ai 2.000 m., ossia decisamente in basso per dover poi risalire al P.so Sèllero lungo il 164. Dal P.so Sèllero è richiesta un’altra ora e mezza di cammino per arrivare al P.so Torsolèto (2.578 m.), da dove c’è l’ultimo strappo per il Bivacco Davide (2.645 m.). Qui, ammirato ancora una volta lo stupendo panorama sul Lago Pìcol, s’impone la scelta tra il pernottamento quassù o quello più confortevole al bel Rifugio Torsolèto, 30 minuti a valle verso sud-est, ricostruito e gestito dall’Assoc. Amici del Rif. Torsolèto. È a questo punto d'obbligo una parentesi sull’origine – o almeno la storia più recente – delle tre strutture fin qui toccate, tutte tra l'altro costruite o ricostruite negli anni ‘90. In tutti e tre i casi c'è alle spalle una storia commovente e tragica. Se il Tagliaferri, infatti, è intitolato alla memoria dell'alpinista bergamasco Nani, fratello del gestore Francesco, perito durante una spedizione sul Pucayrca (Ande peruviane) nel 1981, e il Torsolèto è dedicato agli alpinisti camuni Battistino Bonali e Giandomenico Ducoli, caduti nel 1993 sull'Huascaràn nella Codillera Blanca, il Bivacco Davide, a sua volta, è stato intitolato dai famigliari, originari di Córteno Golgi, ad un ragazzo 22enne amante della montagna morto tragicamente nel 1992, Davide Salvadori. Dal "Davide" passa ogni anno, dal '94, la già nominata maratona del Sentiero "4 Luglio", l'alta Via (n. 7) realizzata dal CAI Santìcolo con la collaborazione di decine di volontari.
3° giorno, meta il Rifugio Alpini attraverso la Val Brandét titleernative: a) Imboccato il sentiero n. 129, inizia la discesa verso il Lago Pìcol e la Val Brandét, dove si possono ammirare, oltre all'incantevole paesaggio, le ricche flora e fauna presenti. Se arduo sarà scoprire i rari luoghi di fioritura dell'Aquilegia alpina e della Linnaea borealis (che solo gli appassionati conoscono), più facile risulterà senz'altro l'avvistamento di camosci, marmotte e magari dell'aquila reale che qui nidifica. Ancora visibili i ruderi di M.ga Pìcol. Raggiunta M.ga Casazza (1.474 m.), non resterà altro che percorrere la dolce Val Brandét a fianco dell'omonimo torrente (poco sopra il rustico Ristoro Brandét c’è un bell’esempio di forno del ferro) e raggiungere l'inizio della discesa verso Sant'Antonio, in corrispondenza della quale si prenderà a sinistra e si raggiungerà, attraverso un bel bosco di conifere, il ponte coperto delle "Strette", duecento metri oltre il quale, nella magnifica piana di Campovecchio, ci attenderà nel bel Rifugio A.N.A. la guida alpina Dario Albertoni per un pranzo ristoratore. Qui si potrà pernottare, oppure scendere in poco tempo al caratteristico nucleo di Sant'Antonio, attraversando due ponti in legno coperti.
b):
discesa a Córteno Golgi attraverso la Val Campovecchio.
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