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DERVIO - CORENNO PLINIO km. 1,5 h. 0.45
Dopo una trentina di metri sulla strada di Vestreno o dei Ronchetti, ove
si trova un antico masso-avello, la freccia indica una gradonata che sale
rapidamente fra radi alberi, praticelli, orti e rocce affioranti fino
all'abitato di Castello. Si gira a destra e si gusta il sapore arcaico di
un villaggio fortificato, ricco di episodi che ciascuno può agevolmente
scoprire, fino a una grande porta d'uscita verso nord: a lato, sul
vertice del colle si erge un'alta torre dei secoli XII-XIII, ora
serbatoio idrico, dal piano erboso dove si trova anche la vecchia chiesa
di S. Leonardo, in veste barocca ma esistente nel Duecento e con un
affresco del 1567. II castello, a m. 282, guardava dall'alto sperone
roccioso l'accesso alla Valvarrone, un tempo luogo produttivo di prim’ordine,
sopra la precipite forra in cui rumoreggia il fiume: era il Castrum de
Orezia, cioè dei Capitanei della pieve di Dervio, che avevano questo
cognome.
Usciti dal paesetto, si osserva la bellissima positura, i prati
dell'intorno, il paesaggio del lago e dell'opposto Rezzonico. Fra le
rocce scistose dei dintorni si rinvengono massi-avelli e massi a
coppelle, segni degli antichi popoli. Si imbocca a sinistra la
provinciale asfaltatata, proseguendo in discesa e passando sotto il
cavalcavia per circa 250 metri, fino al primo tornante e alla centrale
elettrica: qui riprende la strada sterrata che costeggia i muri di
sostegno della Superstrada; uno slargo con fontanella si apre di contro
ai prati di Chiari, gruppo di cascine ora per lo più trasformate. II
percorso continua pianeggiante sui 260 m di altezza; a sinistra appaiono
i Ronchi e subito dopo, in lieve bassura fra roccioni il complesso
rustico che costituiva il Monastero di Santa Clemente degli Umiliati,
noto dal 1295 e alienato nel 1571. Poco più avanti si supera una condotta
proprio a ridosso della Superstrada e quindi riappare nella sua antica
conformazione la mulattiera dalla pavimentazione a ciottoli e in certi
punti in roccia incisa a gradini: piccoli prati, vallecole, brevi anelli
di olivi e di castagni restituiscono, con qualche cascina in pietrame, un
respiro d'altri tempi. Fra muriccioli, la strada scende con una ampia
veduta su Corenno Plinio e il suo castello. Tutta la zona presenta
importanti livelli di anfiboli con granati e plagioclasio; e ben visibili
a Corenno sono le rupi di paragneiss con quarzi mica e biotite, che
offrono colorazioni scure, rosse o verdastre.
CORENNO PLINO - DORIO - POSALLO km. 5,2 h. 3.00
La via Monastero, che scende sulla provinciale 72, offre la possibilità
di osservare man mano il dispiegarsi degli svariati caseggiati di Corenno,
che rappresenta uno dei borghi più genuini del lago. L'impronta medievale
è subito sottolineata nella rustica piazzetta, con la fontana dei Caduti
attorniata da platani, dalle titlee mura del castello che sovrasta il
paese. È una delle più importanti fortificazioni della Lombardia e delle
meglio conservate; alla solida torre quadrata radicata su nudo scoglio,
si è aggiunto a opera degli Andreani dopo due secoli, nel Trecento, un
recinto merlato molto compatto, provvisto di due torri a vela. L'accesso
sceo avviene dalla parte del borgo, che aggiunse nel 1863 l'illustre
appellativo romano, in grazia di una interpretazione di un passo di una
lettera pliniana, che racconta di un tragico amore sponsale avvenuto in
una villa a picco sul Lario. Si penetra di qui nel paese, attraverso
strette e ripide callogge, a volte scavate nel Seicento nella viva roccia
(via Candiani), fino a raggiungere il piccolo molo, cinto da casette
fiorite, in vista del severo paesaggio dell'alto Lago. Accanto al
castello, dove i cipressi contrastano le fredde muraglie, la chiesa di S.
Tommaso di Canterbury contiene affreschi dal Trecento al Cinquecento, ben
preziosi i più antichi con una teoria di Apostoli, un S. Cristoforo e i
Magi, dipinti non lontani da quelli comaschi di S. Margherita e S.
Abondio. Sulla piazzuola rari esempi di scultura gotica sono
rappresentati da tre arche funerarie in marmo degli Andreani, con decori
a giorno, emblemi, rilievi e simboli evangelici.
L'itinerario si sviluppa sulla stessa provinciale, che occupa l'antico
fossato che recingeva la murata del castello; dopo circa 200 metri,
all'titleezza del ristorante, riprende sulla destra la mulattiera, che
lambisce il lindo cimitero costruito nel 1819, e preceduto dalla cappella
neoclassica della famiglia Andreani - Sormani, illustrata nel 1837 da una
bella Crocefissione affrescata da Giovambattista Sertorio. La strada
erbosa segue per un poco l'andamento della provinciale, in mezzo a
casette e orti, segnalata da frammentarie cappellette e passa sotto le
cascine del Guasto, per entrare poi nel territorio di Dorio, staccatosi
da Dervio nel 1452.
Con lieve pendenze si perviene a Torchiedo (Torgedo nel Quattrocento),
originato probabilmente da un torchio, e quindi a Panico tagliando un
tratto di carrozzabile. Siamo a m 299 e in pieno paesaggio agreste,
malgrado qualche recente costruzione; le balze si sovrappongono a
terrazzi, orti, vigne, olivi, brevi ruscelli e appena sopra il rado
bosco. Resti di molini alla Valletta che precipita a lago ov'è l'edificio
detto Filatoio eretto nel 1840: quindi l'acciottolato sale alla chiesa di
S. Giorgio, dal 1506 prima parrocchiale di Dorio e già esistente nel
1412. II candido intonaco del rimaneggiamento settecentesco contrasta con
i gravi colori del contorno; la parete sinistra dell'interno ha un grande
affresco del 1492 che raffigura Madonne e Santi e un fulgido S. Giorgio
vittorioso sul drago, opere di alta qualità. Un altro brano staccato si
trova nella parrocchiale odierna, ricostruita nel 1859 e decorata dal
Tagliaferri; vi si può scendere con la mulattiera antica che collegava
Dorio, vecchio centro a scalinate e vicoli, dalle titlee case addossate e
che si prolunga, fra ortaglie, fino alla Stazione, alla provinciale, al
molo e alla piccola spiaggia.
Proprio a monte di Dorio (in antico Salmogno), dopo la vecchia
parrocchiale, si sale a Mandonico, una dozzina di case abbandonate, in
grezza pietra locale, complesse e regolari geometrie che si compongono
utilizzando i lievi movimenti delle balze; qui praticelli e orti
rigogliosi e solatii, più oltre, dopo le cascine di Asen, stupefacenti
intagli della costa per un poderoso intervento lavorativo della metà del
secolo scorso con filari di viti che rimandano all'elogio di questo
territorio formulate nel Cinquecento da Paolo Giovio.
Taglia la costa la mulattiera mirabilmente retta da robuste muraglie di
pietrame, verso la chiesina di S. Rocco ricostruita a voto del colera nel
1856 (m 484). Dal piazzaletto sistemato a belvedere si ammirano i
sottostanti ronchi di Vesgallo, tormentanti nella roccia brunastra;
l'antica frequentazione di questi luoghi è testimoniata da una bella
scure preistorica in bronzo conservata al museo di Como. Più sotto si
staglia la penisola di Olgiasca, ricca di formazioni fossilifere, di
granati e tormaline, di cave esaurite ma che servirono per le colonne
romane di S. Lorenzo e per l'Arco della Pace di Milano.
La penisola si protende nel Lario a separare la verdissima insenatura del
laghetto di Piona. Sul vertice si distingue il noto complesso
dell'abbazia cluniacense di S. Nicolò, dove la chiesa romanica è
affiancata dallo splendido chiostro eretto fra 1252 e 1257. La strada da
S. Rocco piega a nord est sempre in vista del laghetto di Piona ed
aggirando i contrafforti dell'acuto Legnoncino (m 1714). E' questo un
territorio abbastanza popolato di carnivori, come il tasso, la donnola e
la volpe; talvolta appaiono i caprioli; dalle rupi più titlee scendono
falchi e astori, mentre non di rado si incontra la pernice. Fra boschine
si raggiunge il Monte Perdonasco (m 600) in verticale sopra la Fontana,
che dal Medioevo segna il confine con Colico sul lago. Perdonasco è il
più basso fra i molti antichi alpeggi, Vercin, Vezzee, Sommafiume, che
risalgono le groppe del monte e sono oggi mete frequentate dei fine
settimana.
Rimanendo in quota e superando la val di Noh, v'è il Monte Sparese, dove
dal 1969 sorge la Madonna dei Monti, 300 m sotto Vezzée; in ambiente
silvestre, con qualche presenza di conifere, un tratto sterrato raggiunge
una carrareccia che scende dal Monte Piazzo e che si segue, abbassandosi
prima lentamente poi con rapidi tornanti in un terreno cosparso di massi
erratici e a coppelle, forse opera di antichi abitatori, e guadagnando
infine Posallo a contatto con il torrente Perlino. Da Posallo, volendo
raggiungere la stazione di Piona o la provinciale 72, si può continuare
sulla carrabile, che lambisce Fumiarga - dove in tempi altomedievali
doveva giungere la Strada del Viandante scendendo direttamente da
Perdonasco - e l'abitato di Corte.
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