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VEZIO - BELLANO km. 3,6 h. 2.30
Al termine delle case di Vezio a prospetto del boscoso pendio che scivola
ripido alla valle del torrente Esino, si prende a destra un viottolo che
scende lentamente in diagonale, a volte ancor provvisto del vecchio
acciottolato a cordonature; raggiunto un tornante della strada
carrozzabile, la si percorre per circa 200 m, infilando quindi a sinistra
una scalottola che immette nel recinto del Crotto del Pepot, costruzione
del primo Novecento, abbarbicata alle rocce della gola in cui scorre
profondo il torrente entro le scure formazioni del calcare di Varenna -
Perledo da esse proviene il raro fossile del "Lario-saurus Balsami" del
Museo di Storia Naturale di Milano. Attraversato l'orrido sopra uno
stretto ponticello, si vede lungo il ciglione l'abbandonato percorso per
il molino di Vezio, datato 1855; si risale invece rapidamente a
incontrare nuovamente la carrozzabile che da Vezio conduce a Regolo,
percorrendola per un centinaio di metri; sulla destra, fra una costa
ricca di olivi, si scorge la ripida mulattiera che termina al porticato
della chiesa barocca della Madonna di Campallo: da qui si mostra in tutta
la sua suggestione il promontorio di Vezio con la torre. L'itinerario
sottopassa il porticato e continua diritto, mentre sulla destra la
mulattiera conduce a Perledo.
Perledo ha un notevole agglomerato di case medievali e barocche, dominate
dall'alta facciata della prepositurale di S. Martino, creduta fondazione
teodolindea; il grandioso tempio che richiama l'architettura di Martino
Bassi, risale al 1614-1628, con tiburio decorato nel tardo Ottocento
sopra una pianta ottagonale, mentre la fronte è datata 1755: risalgono al
Seicento gli intagli del battistero e gli altari laterali dove si ammira
una pala di Domenico Cadorado; nell'intatta sacristia settecentesca
risalta una tela di Filippo Bellati (1785). A lato si erge un possente
campanile romanico della fine del sec. XI, a monofore bifore e trifore,
in parte otturate per reggere il tardo tamburo sommitale.
L'antico tracciato si dirige invece a nord fra i prati di Campallo,
adorni di vigne ed oliveti, supera il ruscello di Perledo, fra nuove case
sfocia all'ingresso della frazione di Regolo, nel cui mezzo sorge la
chiesetta barocca di S. Giovanni Battista.
Svoltando a destra per entrare nel paese, si osserva un grande casamento
in pietra, che si dimostra casa-torre medievale dalla tessitura simile ad
altra visibile nella frazione di Bologric più a monte. Girando
immediatamente a sinistra e attraversando le viuzze acciottolate, si
riesce sulla carrozzabile che a destra sale a Tondello, Bologna, Regoledo
e Gittana; occorre percorrere in discesa la carrozzabile per poco più di
200 metri osservando qualche villa del primo Novecento; sull'esterno del
tornante si profila verso nord la via Cava Bassa, in parte asfaltatata, che
trova avvio appena a valle dell'abitato di Tondello, di cui si intravvede
la chiesetta già nota dal 1455 e in veste barocca: il piccolo nucleo ha
qualche buona casa antica, della famiglia Del Mat, ben presente nelle
guerre fra Spagnoli e Francesi nel primo Cinquecento.
Dopo la cappelletta del Crocefisso del 1891, la visuale abbraccia uno
stupendo brano di costa che scende a lago velocemente tra terrazzi a
frutteto. Più avanti, presso un interessante fabbricato in abbandono e
una teleferica, si apre la vasta Cava Bassa per il tipico marmo nero di
Varenna, una delle 80 che al tempo di Maria Teresa d'Austria erano usate
da una schiera di scalpellini-scultori (Conca, Marazzi, Calvasina,
Valassi). La stradella percorre la quota 350 m circa, aggirando i fianchi
rupestri del colle di S. Ambrogio, sulla cui sommità pianeggiante sono i
resti dell'omonima chiesa: ricordata nel 1455 e detta da S. Carlo "ad
castrum", si trova in un ambiente di straordinaria suggestione; nei
pressi si vede una cisterna, poi un edificio e un fondamento di torre,
più sotto alcune muraglie: secondo il Pensa si tratterebbe di una
fortificazione anteriore al Mille.
La stradina riprende la conformazione antica a piccole balze, si divide
quindi in due: tralasceremo quella di sinistra, se non per scorgere una
verde nascosta vallecola e una Madonna vecchia di secoli dipinta sotto un
pergolato, mentre sulla destra il Sentiero del Viandante, fra titlei muri
sale in 150 metri a sbucare sulla carrozzabile che collega Bologna a
Gittana e Regoledo, vicino a una chiesuola eretta alla Sacra Famiglia a
fine Settecento dai Maglia. Siamo qui nel mezzo del vasto e intricato
Bosco delle Streghe, di infausta memoria, che copre tutta la fascia tra
lo scoglio di Morcate, il colle di S. Ambrogio e il pendio di Gisazio.
Immediatamente sul lato sinistro della cappella Maglia, la mulattiera
scende in scale a acciottolata alla piazzetta avanti la parrocchiale di
Gittana, accorato belvedere sul lago. E' uno del punti più importanti del
percorso, limitato da muretti e porticati, accanto alla chiesetta delle
Grazie: l'edificio in abbandono, ricostruito fra 1620 e 1630, contiene
stucchi e affreschi, oltre che la tomba dello scrittore Paolo Emilio Busi
detto Parlaschino (1571-1653); sul fronte è murato un rilievo duecentesco
con un crocefisso e una Stella, appartenente alla antica costruzione, che
una complessa iscrizione attribuisce, come in altre vicine località, al
voto della regina Teodolinda. II bellissimo complesso vede più arretrata
la attuale parrocchiale, con tele del 1626 di G.B. Fumeo e affreschi del
1893 dei Tagliaferri. La chiesa sovrasta la carrozzabile che risale dal
lago, da Riva di Gittana, e passa davanti al famoso Crotto ottocentesco,
mantenuto nella sua simpatica fisionomia (in un affresco si ha la
"cavalcata della botte"), giardini a ripiani e cucina tradizionale. Si
può quindi percorrere per un breve tratto in salita la carrozzabile,
rasente il cimitero, per riprendere la mulattiera che aggira a monte
l'abitato di Gittana adagiato in una verde convalle. La carrozzabile
prosegue per Gisazio, in una amena radura e con la chiesetta della
Maddalena, quindi per Bologna dove si nota una casa-torre e la chiesa di
S. Bernardo fondata nel 1419 e con pala del Fumeo.
II Sentiero del Viandante prosegue dunque a monte di Gittana, lambendo
una cappella con fonte, supera con un ponticello il ruscello che scende
da Gisazio, e al tabernacolo della Madonna continua, lasciando a destra
la rampa che sale alle visibili case di Cestaglia e più oltre a Regoledo.
La costiera è ricca di begli oliveti a conferma della feracità del
contorno, frequentato da lunghi secoli; poco più sotto verso lago, nella
costruzione della ferrovia, nel 1891 fu scoperta un'importante sepoltura
di un capo celtico, armato di tutto punto e con eleganza formale vicina
al gusto etrusco (sec. VI-V a.C.): le armi sono al museo di Como.
La pista, un po' sentiero e un po' acciottolato, entra nel bosco ad
intersecare il vallo largo 7 metri della cessata funicolare che collegava
la linea ferroviaria Lecco - Sondrio con lo stabilimento idroterapico del
sovrastante Regoledo. L'ampio complesso venne fondato nel 1858 ed ebbe
ospiti di riguardo, da Ippolito Nievo che vi compose scritti, a Massimo
d'Azeglio, da Toscanini a Rosso di San Secondo; divenuto ospedale
militare, e ora succursale dell'lstituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
Tra l'oscura vegetazione, il profondo solco fiancheggiato da robusti
plinti assume l'aspetto di un orrido. Subito a sinistra appare un'umile
cappella ottocentesca, che riserba la sorpresa di una delicata
Crocefissione del tardo Quattrocento, un resto deteriorato ma ancora
apprezzabile. Pochi metri più avanti, da una ceppaia spuntano tre cippi
di granito datati 1732 e con le sigle dei comuni di Perledo e Bellano,
che qui giungono a confine; altri cippi simili si trovano più avanti.
Dove termina il bosco si apre una serie di prati a terrazzi, ancor
utilizzati per il bestiame; fra un complesso di caseggiati rustici,
spicca la Fabbrica, edificio in pietra a tre piani ingentilito di portale
e balconcino barocchetto; ancor usata la vasta cantina a volta con
torchio e antichi attrezzi da vino; forse fu punto di ristoro e con
servizio di fabbro e forse anche bigatteria dei Loria, grandi
imprenditori bellanesi del tardo Settecento.
Siamo al risvolto che scende alla Valletta sottostante Biosio, superata
con un ponte di pietra per entrare poi nel rigoglioso castagneto. Biosio
si raggiunge da una mulattiera che precede la Valletta e che poi continua
per Bonzeno; Biosio, che ha una chiesetta del 1763, è noto per un
apprezzato Crotto del Mauro, posto in un punto di inimmaginabile vista su
tutta la montuosa costiera dell'opposto versante del lago.
Usciti dal bosco, ecco la Cappella dell'Addolorata con pronao a colonne
del 1935, presso un altro rigagnolo che introduce all’'amena contrada di
Rialba. Osservando le balze a vigneto e i caseggiati saporosi protetti da
una muraglia non si fatica a rammentare l'ubertosa attività dei secoli
passati, celebrata anche da Sigismondo Boldoni, il poeta bellanese
testimone e vittima dell'orrenda peste manzoniana. La strada scende
dolcemente incontrando la carrozzabile che sale a Bonzeno, appena
individuabile dall'alto campanile settecentesco: S. Andrea conserva, fra
elementi del Seicento, un affresco e un Crocefisso ligneo del secolo XV.
Attraversata la provinciale per la Valsassina, la stradina selciata entra
nell'ombra di case e muraglie per sfociare al ponte di S. Rocco, sul
fiume Pioverna, a lato della chiesetta che dal 1969 è sacrario dei
Caduti; i portalini marmorei recano la data 1489, ma è ora sobria
costruzione secentesca con ancona e statue lignee, oltre a due belle tele
moderne del Vitali. A nord è il vasto e suggestive cimitero, con molte
statue del Tantardini e del Branca, cui appartiene il primo monumento a
don Luigi Vitali, fondatore dell'lstituto dei Ciechi di Milano. Guardando
dal ponte verso est si osserva il mugghiante fiume Pioverna, che scorre
incassato fra le rocce della Valsassina; se si scende la scalottola che
conduce al centro di Bellano, si giunge all'ingresso dell'Orrido, tra i
più famosi della Lombardia, già definito dal Boldoni "orrore di
un'orrenda orridezza", spaccatura fra cui si passa su sentierini e
ponticelli sotto le cascate e sopra ribollenti flutti: modificato da una
frana del 1816 e da lavori del 1856, le sue acque sono captate per il
cotonificio Cantoni; attualmente la visita a pagamento è possibile da
aprile a agosto tutti i giorni (10,30 -12,30; 14-18).
Continuando, si entra nella piazza della prepositurale di S. Nazaro e
Giorgio, in parte romanica e completata con una monumentale facciata per
cui intervenne nel 1348 Giovanni da Campione; nella sezione centrale a
fasce bianche e nere è inserito un grande rosone in maiolica sopra il
tabernacolo della statua di S. Ambrogio; l'interno a tre navate,
allungato nel Cinquecento, ha volte affrescate (1530), antiche vetrate,
resti di pitture quattrocentesche, una quantità di arredi del Seicento,
un'ancona scolpita del Rosario e soprattutto un notevole polittico del
Battista (circa 1525) che mirabilmente sintetizza aggiornati linguaggi
lariani, veneti e nordici. Poco lontano, anche Santa Marta ha un capitolo
d'arte costituito non solo da stucchi e affreschi del tardo Cinquecento,
con molti quadri di cui uno forse di mano di Pietro Ligari, ma anche da
un Compianto di statue lignee di Giovan Angelo del Maino (in. sec. XVI).
Le stradine del centro si allungano fra titlei muri medievali, decorate di
portali e stemmi (curiose le mandibole della famiglia Denti), vi sono
piccole corti barocche, negozietti con bellissimi oggetti di rame e di
pizzo, osterie dalle grandi volte a vela. II lungolago ameno, provvisto
di molo e pontile per battelli e aliscafi, ha due monumenti a Tommaso
Grossi e Sigismondo Boldoni, celebri scrittori, e si prolunga con
giardini fino alla foce del Pioverna. Nell’interno del nucleo, la
biblioteca è allogata nella chiesa di S. Nicolao già degli Umiliati, con
molti affreschi dei secoli XV-XVI. Bellano è un paese di 3.450 abitanti,
attivi per lo più nell'industria; tra le feste caratteristiche, il corteo
dei Re Magi nella notte di vigilia dell'Epifania, detto della "Pesa vegia",
col ripetersi del ritorno in barca da Como dei paesani che ottennero nel
1862 di mantenere i pesi anticamente ivi in uso: la tradizione ambienta
però il corteo nel costume spagnolo del Seicento.
BELLANO - DERVIO km. 4 h. 2.15
Tenendo la sinistra dell'oratorio di S. Rocco, fiancheggia il cimitero
una ripida scalinata, che sale diritta fino alla frazione di Ombriaco (m
324), seguendo una pista certo molto vicina a quella che si può desumere
tenesse nell'età viscontea la via che consideriamo. Dal centro della
località, dove la chiesa di San Bernardino rappresenta una delle
primissime fondazioni votive in onore del santo della pace (1451), pur
trasformata, se si tiene la destra, attraverso la provinciale oppure
riscoprendo man mano tratti delle vecchie mulattiere, si va in direzione
della Muggiasca, il territorio ridente sulla sinistra orografica del
torrente Pioverna, che è costellato dei numerosi casali del comune di
Vendrogno, ormai in Valsassina.
Da Ombriaco si può guadagnare Lezzeno proseguendo a nord fra villette e
giardini, intersecando due volte la strada asfaltatata.
L'itinerario segnalato preferisce orientarsi sul Lezzeno con un percorso
un poco più agevole, che va pianeggiante oltre S. Rocco nella direzione
finora usata; si imbocca la strada per Lezzeno e al primo tornante si
prende - volendo - a sinistra una carrozzabile che porta verso Oro; alla
prima piccola curva della strada il Sentiero si immette su un'altra
vecchia mulattiera, che tagliando più lenta i pendii e traversando una
volta la provinciale, conduce sotto il piazzale del santuario di Lezzeno.
II contorno è sparso di lindi fabbricati e si riscontrano ancora più a
settentrione balze quasi incontaminate. Emerge su tutto il Santuario
della Vergine, fra elaborate scalee recenti; è uno degli incompiuti Sacri
Monti del Lario, originato da un pianto miracoloso di un'effige avvenuto
nel 1688 e interpretato come avverso all'eresia luterana; l'edificio
sorse fra il 1690 e il 1704, anno cui appartiene l'alta facciata barocca
a vento che precede l'interno ricco di stucchi e di affreschi del
Tagliaferri e del Morgari e con una pala di S. Giuseppe resto di
un'edicola eretta nel 1625; la chiesa viene attribuita a un Quadrio, ma
appartiene forse a Giorgio Vitali, architetto attivo nei dintorni.
Salendo lungo il lato sinistro tra i cipressi, dietro un gruppo di
vecchie case si riprende la mulattiera che mira diritta all'abitato
antico della frazione, dalle pittoresche ed titlee costruzioni, per lo più
di sapore settecentesco: la stradina corre brevemente parallela alla
provinciale di Vendrogno per meno di cento metri e si scende a
traversarla in corrispondenza di una scala per calarci in una Valletta:
lavatoio, poche case rustiche, un affresco murale, poi il sentiero segue
il ciglione in vista di un basso promontorio verdeggiante: vigneti di
grande accuratezza, orti feraci, radi gruppi di olivi e un respiro di
vedute sul lago verso Acquaseria e Rezzonico. Aggirato un casale
ammodernato, si entra nel bosco e si delinea nuovamente la mulattiera in
pendio, fra rivoli di ruscelli e un ponticello in pietra.
Dopo un altro ruscello, ecco riprendere il prato che degrada verso il
solco della nuova superstrada; si taglia il pendio a sinistra, lungo un
muraglione trasversale, fin a giungere al limite dell'arteria, dove un
tratto sterrato conduce sulla destra alla profonda incassatura ombrosa
della Valle del Mulini: presso l'arcata del ponte sopravvivono suggestivi
resti di impianti ed edifici produttivi.
La strada è ora acciottolata, passa accanto a una bella costruzione e una
fontanina, lascia a destra l'amena rampa che sale alla frazione di
Pendaglio, case titlee e arroccate sotto il Muggio, in stretta e
sopravvissuta unità con la chiesuola di S. Domenico voluta dagli abitanti
nel 1680. La strada cordonata sfocia sull'asfalto della rotabile di Oro,
che si attraversa per scendere nell'intimo del borgo, un tempo centro
felicissimo, insieme con Verginate, della produzione dei vini bellanesi,
noti alla mensa arcivescovile, come anche ai viaggiatori del secolo
scorso che si meravigliavano di un vino marsalato, chiamato "di paglia" o
"del tetto", ottenuto dall'uva passita sulle tradizionali coperture di
paglia. Oro par strapiombare sul lago; strutture rustiche, piccoli
slarghi, archivolti, l'uso fantasioso della pietra, l'idea ancor
comprensibile di un abitato rurale intorno alla chiesina di S. Gottardo
dal giallo manto che copre anche il caratteristico campanile; al patrono
dei trafficanti venne dedicata questa struttura intorno al 1570.
Superata la chiesa si aggira la Valle di Oro, sempre in dolce paesaggio
agreste, si sale al tabernacolo barocco e si risvolta a monte per tornare
sulla strada sterrata che circonvalla il paese.
La pista sterrata continua per poco, rasentando una inconsueta cappella
neogotica fra olivi e seguendo la falsariga della vecchia mulattiera, che
a volte, come al passo del ruscello riaffiora ai margini con resti di
massicciata e di passatoie. Un cippo datato 1729 segna l’avvio del
percorso antico che scende alla Valletta di Pendaglio e alla seguente di
Verginate. È l'ultima frazione di Bellano, inerpicata al limite del rado
bosco e sotto affioranti dirupi, luogo in splendida positura e di antica
data, dall'appellativo derivante forse da un nome personale. È da
ammirare l'intera costiera che da Verginate decliva anche al di sotto
della via, quasi una "imponente scultura" - come è stato scritto - che
rimodella le pendici in terrazzamenti a fasce ancor sparsi di qualche
vigna, resto dell'intensa attività antica. Al passaggio della Val Grande
si entra nel territorio di Dervio e dall'ombrosa spaccatura si riesce a
bellissimi squarci solatii, con la mulattiera retta da poderose muraglie
e in lieve salita fino a una bella cappelletta settecentesca. Al risvolto
si ammira il conoide di Dervio proiettato da torrente Varrone nel lago
quasi sempre solcato dalle bianche vele della flotta del Club Nautico di
Dervio.
Appena sopra si delineano le case dei Ronchi ancora importante nucleo
massarizio sulle propaggini del Muggio qui sempre più ripide: dalla Val
Grande i sentieri guadagnano i "monti" e i magnifici pianori di
Camaggiore che erano le zone pascolive per il bestiame ora molto ridotto.
In questa zona piuttosto selvaggia non mancano lepri, scoiattoli, donnole
e tassi, qualche fagiano e pernici.
La mulattiera diventa un solco sulla costa sempre acciottolata e serrata
fra muretti, ove si scoprono elementi antichi, incisioni, coppelle, un
"filet" a graffio di un antico gioco; fra cordonature si decliva man mano
verso le cascine di Chignolo sopra il cosi detto Cantone della Balma, là
dove inizia a stendersi il conoide del fiume Varrone; poco sopra la linea
ferroviaria, si tocca la antica Nazionale che conduce a Villa. Deviando
da Chignolo, sale un sentiero verso nordest, fra bosco e radi prati a
Pianezzo. Al centro dell'altopiano si trovano resti di un grande recinto
trapezoidale, con muraglie in certi punti ancor bene apprezzabili, di
probabile fondazione altomedievale: era il Castelvedro citato negli
Statuti locali del 1384 cioè il castello "vecchio", forse altomedievale,
alto sullo sperone (m 382) che guarda la via del lago. Per chi vorrà
attuare questa digressione al Castelvedro, sarà più opportuno raggiungere
il luogo di Pianezzo e scendere attraverso la mulattiera acciottolata che
tra rado bosco e affioranti rocce rossastre guarda la riva sinistra del
fiume Varrone e a giravolte, dopo una cappella della Nativita, si immette
alla Villa presso la chiesa di S. Quirico.
L'itinerario del Sentiero del Viandante, delineato in piano a est della
ferrovia, lungo la vecchia Nazionale, giunge appunto alla Villa di Dervio
presso la chiesa indicata. Le forme secentesche dell'edificio,
riconsacrato nel 1628, esaltano il pregevole campanile romanico con
specchiature ad archetti e un piano di bifore sormontato da una
pronunciata cuspide di pietra: raro manufatto del 1080 circa, apparentato
con I'abbazia di Vallate nel prossimo territorio valtellinese; una pala
di impronta veneta sottolinea la bellezza dell'altare.
La vecchia Nazionale valica il Varrone sul ponte di S. Quirico, caposaldo
del percorso fin dal 1389; qui si imponeva un balzello di transito,
segnato da gradinate d'accesso, fors'anche fortificate. Sulla spalla
verso lago un'iscrizione ricorda un restauro del 1607; l'intero manufatto
oggi corrisponde al rifacimento del 1829, nell'ambito della sistemazione
della strada dello Spluga. Secondo questo progetto austriaco, la
Nazionale venne a percorrere l'abitato di Villa e infatti la strada
prosegue fra case ottocentesche e vi si dirama a sinistra la via che
porta al Municipio e successivamente, traversata la linea ferroviaria
poco lungi dalla Stazione del 1892 e la provinciale 72, al Borgo. È
questo il nucleo formatosi intorno alla prepositurale dei Santi Pietro e
Paolo, la Casa di Giustizia medievale e due torri di guardia al molo, ora
scomparse; oltre qualche edificio con stemmi e decorazioni, è notevole la
chiesa, in forme del primo Seicento, con intagli barocchi di pregio
nell'altare di Antonio Pino e nel pulpito; i quadroni del presbiterio
sono dei bergamaschi Cavagna (1627). Della struttura romanica resta ben
leggibile il fusto del campanile superiormente ripreso. II vasto delta
del Varrone ha vari residences, campeggi, un centro nautico con scuola di
vela e un cantiere dalla secolare tradizione. Nei tempi di pesca libera,
centinaia di pescatori affollano le rive per la cattura dell'agone, il
migliore del Lario. Presso la Stazione, uno dei due nuclei di Villa ha
importanti edifici, fra cui la casa antica dei Magni del secolo XV;
risalendo stradette dove ancor vive l'artigianato del rame, parte di
un'attività metallurgica rappresentata anche dalla ditta Redaelli, si
torna presso il ponte; svoltando subito a destra, per via Giglio si
apprezza la struttura di Villa intorno alle case della famiglia
Schenardi: slarghi, strettoie, tabernacoli, scalette, resti di ciminiere,
in una commistione tipica delle nostre zone; sulla destra del fiume erano
attività di magli e cartiere, oggi trasformate.
II vicolo riesce presso il lavatoio sulla carrozzabile che conduce a
Vestreno e alla Valvarrone, ricca di esauste cave di marmo e altre in
attività di feldspato per caolino. Dopo una trentina di metri sulla
strada di Vestreno o dei Ronchetti, ove si trova un antico masso-avello,
la freccia indica una gradonata che sale rapidamente fra radi alberi,
praticelli, orti e rocce affioranti fino all'abitato di Castello. Si gira
a destra e si gusta il sapore arcaico di un villaggio fortificato, ricco
di episodi che ciascuno può agevolmente scoprire, fino a una grande porta
d'uscita verso nord: a lato, sul vertice del colle si erge un'alta torre
dei secoli XII-XIII, ora serbatoio idrico, dal piano erboso dove si trova
anche la vecchia chiesa di S. Leonardo, in veste barocca ma esistente nel
Duecento e con un affresco del 1567. II castello, a m. 282, guardava
dall'alto sperone roccioso l'accesso alla Valvarrone, un tempo luogo
produttivo di prim’ordine, sopra la precipite forra in cui rumoreggia il
fiume: era il Castrum de Orezia, cioè dei Capitanei della pieve di
Dervio, che avevano questo cognome.
Usciti dal paesetto, si osserva la bellissima positura, i prati
dell'intorno, il paesaggio del lago e dell'opposto Rezzonico. Fra le
rocce scistose dei dintorni si rinvengono massi-avelli e massi a
coppelle, segni degli antichi popoli. Si imbocca a sinistra la
provinciale asfaltatata, proseguendo in discesa e passando sotto il
cavalcavia per circa 250 metri, fino al primo tornante e alla centrale
elettrica: qui riprende la strada sterrata che costeggia i muri di
sostegno della Superstrada; uno slargo con fontanella si apre di contro
ai prati di Chiari, gruppo di cascine ora per lo più trasformate. II
percorso continua pianeggiante sui 260 m di altezza; a sinistra appaiono
i Ronchi e subito dopo, in lieve bassura fra roccioni il complesso
rustico che costituiva il Monastero di Santa Clemente degli Umiliati,
noto dal 1295 e alienato nel 1571.
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