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Le mani dentro il colore
All’inizio ci sono sempre la macchia, l’impurità, la sporcizia che
seducono. Le forme più complesse vengono poi, come se emergessero dalle
impurità, volute o semplicemente casuali, della tela o della lastra.
Biancore e nitidezza disturbano quest’artista che deve riallacciare,
anche tecnicamente, il dialogo con la memoria. Anche in questo sta la
particolarità del lavoro di Vitali. Nella preparazione della tela, del
cartone, del legno, della carta, della masonite o del metallo su cui deve
lavorare. E’ per questa ragione che, per lavorare, Vitali ha bisogno di
un supporto che si sia fatto già carico delle forme del tempo: le macchie
appunto, che occupano lo spazio. In quelle, poi, egli decifra altre
forme, quelle che noi vediamo ad occhio nudo, nell’opera finita, e che
non sono altro che sembianze. Sono i luoghi dell’informe creato dalle
ossidazioni sulla lastra, o dai colori lasciati sulla tela, mentre si
puliscono i pennelli. Nulla del gioco dei surrealisti, s’intende, dato
che Vitali a quelle macchie conferisce sempre identità precise, che non
derivano da processi puramente mentali. Semmai di mentale è ciò che resta
della realtà, dopo aver visto uno scorcio, un volto, una scena, che ora
vengono rielaborati in studio, con occhi tutti interiori, attraverso una
serie di associazioni. Nessuna purezza quindi.
Come se non bastasse, quando un soggetto, nel tempo non soddisfa, viene
ripreso, messo sottosopra e rivoltato. Da una bistecca esce un volto, da
un bue scarnificato una Crocifissione, dal deretano di una gallina il
cappello piumato di una signora, vestita in pompa magna, su cui brilla
una luce reinventata.
Anche tecnicamente Vitali adotta la struttura del sovvertimento e del
mondo capovolto, che è proprio del dialetto e dell’immediatezza; è dallo
spazio informe che nascono le sue prospettive. Nessun contorno, ma
macchie di colore che si sovrappone ad altro colore e altre forme. Più lo
spazio è ristretto più la figura si allarga e più la figura si accorcia,
come nel ritratto del Duilio: più lo spazio si dilata; nelle sue opere
non c’è mai un solo centro, né tanto meno un solo punto di vista, ma
centro e punto di vista si moltiplicano. Continue fughe prospettiche,
tanto che l’immagine non si chiude mai su se stessa ma evade i confini
del quadro, proseguendo all’esterno e noi siamo attratti all’interno.
Anche il colore modula il soggetto, che viene costruito dal cromatismo.
Sono i colori a dare, sia in pittura che in grafica, i contorni ai
soggetti, sempre densi e carnali. Sono masse cromatiche che si accostano
ad altre masse di colore e che nonostante la violenza, alla quale Vitali
ricorre, offrono un’impressione di armonia. Il risultato è l’effetto
prodotto dalla scomposizione, operata dal colore e dalla luce, che
mantiene tuttavia intitleerata l’unicità dell’opera.
La pittura di Vitali insiste molto sulla materia, si serve della materia
non solo come mezzo espressivo ma per tradurre la materia stessa in
significato e poesia, è una pittura che sgorga naturalmente dal suo
estro, forse per troppi anni frenato da scarsa fiducia nei propri mezzi e
da un’eccessiva dose di modestia. Certamente è una pittura che ha
assimilato tutte le tecniche e le poetiche degli ultimi cento anni,
dall’impressionismo in poi, fino a trovare una propria ragione di vita,
autonoma e originale, in una collocazione ‘mitteleuropea’, pittura
trascendente, che aspira a valori universali, una pittura che trascende
una regione, e persino una nazione, per farsi più vasta, più generale,
per aspirare, sia nel linguaggio formale sia nei contenuti, a valori più
universali. Definire ‘lombardo’ questo pittore nato, e vivente, sulle
rive del Lario, sarebbe condurlo a un ruolo provinciale. La sua arte si
rivela nel medesimo modo sia a Bellano che a Parigi o a Berlino, ed egli
può ben essere un pittore italiano quanto ticinese, o zurighese o
alsaziano; sempre risulterà un’ artista che si proietta verso
l’universale. Questa tendenza verso l’universale porta Vitali a rasentare
l’ovvietà. Ma soltanto occhi poco educati possono confondere le due cose.
Ormai ne abbiamo abbastanza dei trapezisti del pennello. Così come ne
abbiamo abbastanza di quelli che da trent’anni spacciano opere
ripetitive, senza invenzione, senza contenuto e, dal punto di vista
dell’esecuzione, sempre più stanche.
Quadri come Gladioli, Fiori nel verde, Fiori nel blu, sono opere che non
si copiano l’una dall’altra, e la bravura di Vitali sta nel passare dai
fiori ai ritratti, dal bue squartato allo squarcio di vita quotidiana con
naturalezza, come sanno fare solo i grandi maestri. E’ un artista
cresciuto in modo assolutamente originale e autonomo, al di fuori di
movimenti e correnti ufficiali, dotato di un notevole e personalissimo
linguaggio espressivo.
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