Le Alpi Orobie costituiscono quella
lunga catena montuosa che determina la sponda meridionale della Media
e Bassa Valtellina. Si estendono per oltre 50 km, e più precisamente
dal Monte Legnone (alto Lago di Como) fino alla cresta spartiacque
tra la Val Belviso e la Val Camonica (Passo dell'Aprica), e
comprendono ben 14 valli e 25 comuni
della Provincia di Sondrio. Le numerose cime che la compongono
superano raramente i 3000 m., e presso il Passo S. Marco conoscono il
loro punto più basso. Questa lunga catena montuosa può essere divisa
in 2 grandi regioni: la prima si estende dalla Val Lesina alla Val
Madre e presenta un'orografia e caratteristiche ambientali piuttosto
adatte ad ospitare le attività umane, la seconda va dalla Val Cervia
alla Val Belviso ed è riuscita, grazie alla difficoltà di accesso
alle valli, a mantenere un'aspetto più incontaminato. Ne risulta
quindi un microcosmo dalla natura arcigna e dolce allo stesso tempo,
un mondo alpestre dal fascino e dalla suggestione particolari. Si
differenzia molto dal versante Retico, più solare e maggiormente
modificato dall'azione dell'uomo. Il suo aspetto ancora selvaggio, la
discrezione degli insediamenti umani e la presenza di rarità
floristiche e di una ricca fauna, solo gli ingredienti salenti su cui
si basa l'istituzione del Parco Regionale delle Orobie Vtitleellinesi,
le cui origini affondano negli anni '70 (con interventi e proposte a
cui collaborano, oltre le giunti regionali e provinciali, il Gruppo
Naturalistico della Brianza, il CAI e il WWF), ma il cui progetto
viene approvato solo nella seduta regionale del 26 luglio 1989. Il
Parco viene istituito con la legge della Regione Lombardia n. 57, del
15 settembre 1989, ed è classificato "Parco Naturale Regionale". Con
la legge regionale 32/96 diventa "Parco Regionale Montano e
Forestale". Le finalità di tale istituzione sono:
- protezione della natura e dell'ambiente;
- promozione dell'uso culturale e ricreativo dell'area protetta;
- sviluppo delle attività agricole, silvicole, pastorali;
- sviluppo delle attività tradizionali atte a favorire la crescita
economica, sociale e culturale delle comunità esistenti.
La superficie del Parco è di 46.000 ettari.
GEOLOGIA E MORFOLOGIA
Dal punto di vista geologico la catena orobica è ben separata dallo
spartiacque principale alpino (Alpi Retiche a nord) e dalle Prealpi
Bergamasche attraverso due grandi sistemi di faglie (fratture della
crosta terrestre). Il primo è rappresentato da una profonda frattura
(linea insubrica) che corre lungo la Valtellina, e che separa le
valli propriamente dette da quelle Meridionali. Il secondo, parallelo
a questo ma più a sud, si estende dalla metà del lago di Como fino
all'alta Val Seriana. Esso separa le formazioni geologiche mesozoiche
(più meridionali) da quelle paleozoiche. Il crinale oroboco segna una
separazione netta tra i due versanti della catena, profondamente
diversi sia a livello morfologico che geologico.
Il versante valtellinese è più ripido e le sue valli sono scavate a
fondo dall'azione erosiva dei torrenti. E' inoltre necessario
aggiungere che la struttura di queste valli ha risentito enormemente
del modellamento dovuto ai ghiacciai che, durante l'ultima
glaciazione, si spingevano fino al fondovalle. Il continuo trasporto
di detriti e l'azione incessante dell'acqua hanno contribuito
successivamente alla formazione di conoidi di deiezione che si
trovano allo sbocco delle valli. Il substrato roccioso è costituito
da scisti cristallini (gneiss, quarziti, filladi, micascisti); sulle
cime affiorano rocce sedimentarie. Le Alpi Orobie sono essenzialmente
caratterizzate da un complesso di rocce molto antiche, soprattutto
Paleozoiche; solo in parte troviamo rocce che risalgono al Mesozoico
(Triassico).
IL CLIMA
Dall'esposizione a nord di queste montagne deriva un clima fresco e
umido; le temperature sono molto più basse se paragonate a quelle del
versante delle Alpi Retiche, e in inverno alcuni paesi sono a lungo
privati dell'illuminazione e del riscaldamento del sole. Anche le
precipitazioni sono molto abbondanti, e se a questo fattore
aggiungiamo un'escursione termica poco accentuata, ne deriva un vero
e proprio paradiso per gli amanti dello scialpinismo.
LA FAUNA
Il Parco delle Orobie rappresenta l'habitat naturale per un numero
molto elevato di specie animali, alcune delle quali molto rare in
Italia e altre, purtroppo,
in via di estinzione. In questo paragrafo ci limiteremo a segnalare
in una carrellata veloce le specie animali principali, invitando chi
intendesse approfondire l'argomento a consultare uno dei numerosi
libri che sono stato pubblicati nel tempo.
Un'attenzione particolare la riserviamo a quelle specie che sono
definite "relitti glaciali", ovvero a quegli animali che normalmente,
durante i periodi più caldi, erano distribuiti a latitudini più titlee,
ma che, durante il periodo glaciale, furono costretti a spostarsi
verso sud, a causa dell'avanzata dei ghiacci. Tra esse spicca il
GALLO CEDRONE, simbolo del parco, la cui presenza si fa però sempre
più rara a causa del impatto distruttivo che l'uomo esercita sulla
natura. Ad esso sono da aggiungere il FRANCOLINO DI MONTE, uccello
alpino, la CIVETTA NANA, più piccolo rapace notturno europeo, la
CIVETTA CAPOGROSSO, il PICCHIO NERO, semplice da osservare poichè la
sua presenza è rilevata dal lungo fischio caratteristico o dal
tambureggiare prodotto dal becco sul tronco degli alberi. Nella
pecceta, ovvero in quella parte del parco in cui domina il peccio
(abete rosso), si possono osservare la CINCIA MORA, la CINCIA BIGIA,
la CINCIA DAL CIUFFO, il FRINGUELLO, il RAMPICHINO, il quale si
arrampica sulla corteccia degli alberi in un percorso a spirale alla
ricerca di insetti e semi, il CIUFFOLOTTO e il PICCHIO MURATORE, dal
dorso azzurro. Spettacolari sono le parate nei combattimenti e nelle
arene di canto primaverili dei GALLI FORCELLI. Semplice da
individuare grazie al suo colore
arancione e al becco incrociato è il CROCIERE. Tra gli insetti
dominano il BOSTRICO TIPOGRAFO, un coleottero così chiamato per le
gallerie da esso scavate che ricordano le due pagine di un libro
aperto; le PROCESSIONARIE, farfalline notturne, i cui voracissimi
bruchi si riuniscono in processioni e si cibano a danno dei pini; i
CARABIDI e le onnipresenti FORMICHE. A quote superiori troviamo
l'ERMELLINO, la LEPRE BIANCA, la PERNICE BIANCA, tutti e tre
accumunati dal fatto di cambiare livrea con il mutare delle stagioni;
l'AQUILA REALE. il FRINGUELLO ALPINO, il CULBIANCO, il CODIROSSO
SPAZZACAMINO, lo SPIONCELLO, il SORDONE, il PICCHIO MURAIOLO, lo
SPARVIERO, l'ASTORE, il MERLO ACQUAIOLO; la MARMOTTA, il CAPRIOLO, il
CERVO, la MARTORA, la VOLPE, il CAMOSCIO e lo STAMBECCO, reintrodotto
dieci anni fa nelle Alpi Orobie dopo secoli di assenza. Le acque del
parco sono infine abitate dalla RANA TEMPORARIA, dal TRITONE ALPINO,
dalla SALAMANDRA NERA e dalla TROTA.
LA VEGETAZIONE E LA FLORA
Rispetto al versante retico, il versante delle Orobie è molto più
umido, meno esposto al sole e soprattutto meno modificato
dall'attività umana. In realtà neppure queste aree sono state
risparmiate da sfruttamenti di tipo produttivo, come dimostra la
presenza di estesi castagneti. Procedendo dalle quote inferiori fino
alle cime della catena montuosa incontriamo dapprima vasti prati
falciati, seguiti da freschi boschi di latifoglie dove domina la
presenza del già citato castagno. Ci inoltriamo poi nella pecceta,
dominata dal peccio, ovvero dall'abete rosso. Il clima più umido del
settore occidentale favorisce la crescita dell'abete bianco e del
faggio. In realtà le faggete, che in passato rappresentavano la
vegetazione naturale di questo contesto alpino, sono oggi molto rare.
Rimangono infatti solo aree dove il faggio cresce insieme a specie
come il nocciolo, la betulla e il pioppo tremolo. Più in alto
incontriamo il larice, la conifera che meglio si adatta ai rigori
dell'inverno. Prima della prateria alpina tipica delle quote più
elevate vi è la fascia degli arbusti tra i quali spiccano l'ontano
verde, il ginepro, il mirtillo nero, il mirtillo rosso e il
rododendro. Più sporadica è la presenza del pino cembro, mentre nelle
zone più impervie cresce il pino mugo.
Peculiari del parco sono due endemismi floristici: la SALVASTRELLA
OROBICA o SANGUISORBA DODECANDRA, abbondante lungo i corsi d'acqua
del settore orientale e la VIOLA COMOLLIA, rarità dei ghiaioni d'alta
quota. Durante le glaciazioni del Quaternario la Valtellina si
trovava completamente coperta dai ghiacci e in tale condizione,
durata per miglioni di anni, molte specie floristiche si rifugiarono
nelle zone più riparate o presso le sommità che emergevano isolate
dai ghiacci. Fu così che ebbe luogo quella che viene definita la
"deriva genetica", in base alla quale in questo lungo periodo di
isolamento tali specie hanno maturato caratteristiche peculiari
divenendo così delle specie a sè stanti. Più comuni sono la cespica
acre, la margherita alpina, l'epilobio, il ranucolo dei ghiacci,
l'acetosa soldanella, la primula di Val Daone, la primula vischiosa,
la sassifraga dei graniti, la cicutaria fetida, l'androsace orobia e
l'androsace di Vandelli. Anche in questo caso abbiamo preferito
limitarci ad un elenco veloce invitando gli appassionati di questa
disciplina ad approfondire con libri in tema specifico.
L'UOMO E L'ECONOMIA
Abbiamo più volte sottolineato la differenza tra i due versanti
montuosi che incorniciano la Valtellina, una differenza che però non
si esaurisce a livello climatico e vegetativo, ma che è evidente
anche nel diverso tipo di approccio umano nei confronti della
montagna. Le attività economiche hanno avuto minor presa sul versante
orobico e questo ha contribuito alla salvaguardia dell'integrità di
questo spettacolare ecosistema. Questo però non significa che l'uomo
abbia rinunciato ad imporre la sua presenza. Al contrario le valli
orobiche sono meta prediletta dei pascoli di bestiame nei
mesi estivi. A questa attività è strettamente collegata l'antica
tradizione dell'arte casearia, il cui fiore all'occhiello è
sicuramente il formaggio Bitto. Un'altra abilità, che interessa
soprattutto le donne, è la lavorazione dei pezzotti,
tappeticonfezionati sui telai in legno utilizzando pezzi di stoffa di
vari colori e tessuti. In epoche passate le Orobie furono interessate
dall'attività estrattiva del ferro, i cui forni di fusione possono
ancora essere ammirati in Val Venina e Val Gerola. La posizione di
tali giacimenti determinava però costi di escavazione troppo elevati
soprattutto a causa delle difficili vie di comunicazione. Le miniere
furono perciò definitivamente abbandonate verso la metà del 1800.
Verso la fine del XIX secolo si diede il via alla costruzione di
numerosi bacini artificiali per la produzione di energia elettrica,
uno delle poche forme di titleerazione dell'aspetto selvaggio di queste
vallate.
La presenza dei cavi che trasportano l'energia a valle hanno
rischiato di provocare l'estinzione della più misteriosa specie di
questo territorio, ovvero il GUFO REALE. Questo rapace infatti
durante le sue uscite notturne finisce sovente per incappare in
questi cavi rimanendo ferito o ucciso.
|