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Gondole
Gondola lariana
A differenza del comballo, tozzo, squadrato, simile ad una chiatta
fluviale, la gondola ha forme più aggraziate e marine, con fiancate tonde
e prua slanciata. Una suggestiva ipotesi farebbe discendere la gondola
lariana dalla liburnica, una nave d’epoca romana. In comune, queste
imbarcazioni, avevano caratteristiche fondamentali quali la manovrabilità
(data dal fondo piatto) e due false chiglie (una a prua e una a poppa)
che le permettevano di navigare a vela senza “scarrocciare”
eccessivamente.Furono costruite gondole di tutte le misure e di tutte le
portate, fino ad un massimo di 120 tonnellate per trenta metri di
lunghezza.
Caratteristica
importante di questa imbarcazione è il suo aspetto, infatti questa barca
associava alla funzionalità un notevole senso estetico. Entrambe le
estremità terminavano a voluta, la prua con un ornamento del pattino e la
poppa con un analogo ornamento del timone.
La pianta evidenzia una prua sottile ed una poppa rigonfia. A prua c’era
un mezzo ponte ed a poppa un ripostiglio, denominato tèm (come per il
comballo), ricavato da un piccolo mezzo ponte e chiuso da porte. Tra i
due mezzi ponti, c’era un grande spazio che si poteva suddividere in due
parti: una parte scoperta che andava dal ponticello di prua fino
all’albero ed una riparata da una tenda tesa sui caratteristici cerchi.
Lo scafo era a fondo piatto, malgrado la curvatura dei fianchi. A prua si
trovava il dolfin (dùlfen) posticcio che serviva come pattino per
strisciare contro il fondo degli approdi. Il governo avveniva tramite un
unico timone (guernàc), comandato da un’asta denominata magnöla. Le
gondole erano provviste di remi, solitamente due, molto lunghi che
venivano legati agli scalmi chiamati tremiòn, in legno duro e più
raramente in ferro.L’albero, installato in un foro quadrangolare
praticato in una grossa tavola del pagliolato, veniva legato con una
catena al primo cerchio ed a quello sovrastante che corre
longitudinalmente, chiamato mantàula. I cerchi, dunque, svolgevano anche
un’importante funzione strutturale di sostegno oltre che come supporto
per il telone. La vela, realizzata in canapa, era rettangolare conaltezza e larghezza pari alle dimensioni dello scafo. Essa veniva legata
al pennone, detto antèna, mediante una serie di anelli in stoffa
(pantèle) rinforzati da grosse cuciture. Il pennone veniva alzato tramite
una drizza, denominata traciùra, che scorreva in una carrucola
posizionata in cima all’albero. Il pennone era provvisto di una serie di
bertocci, detti curài, infilati su un tratto di corda che circondava
l’albero. Ai curài era collegata una fune detta calàant per ammainare la
vela con vento forte. La vela era inoltre attraversata nel senso
dell’titleezza da una cima denominata encivèl, legata ad un anello
dell’albero. Questa cima aveva la doppia funzione di contrastare la forza
del vento (formando una grande piega nel mezzo della vela), e di
trattenere in barca la vela quando la si calava completamente, evitando
che la stessa finisse in acqua. Il pennone non aveva bracci, quindi il
bordo inferiore della vela veniva fissato con due scotte al secondo
cerchio.La gondola era dotata del cosiddetto capèl (o passadüra), in
pratica una sorta di passerella esterna ai cerchi, che agevolava lo
spostamento del barcaiolo quando la barca era ingombra di merci o di
animali. Inoltre, questa serviva nelle manovre in cui il barcaiolo
utilizzava il puntàal (asta in legno di circa 6 o 7 metri con la quale ci
si spingeva puntandola sul fondo). Il carico e lo scarico delle merci
avveniva con l’aiuto di una semplice tavola di legno, denominata bànca,
appoggiata tra la prua dell’imbarcazione e la riva. La gondola, come
tutte le barche lariane, non aveva l’ancora. Una catena d’attracco era
legata ad un anello dietro alla voluta di prua. La catena si assicurava
ad un anello murato nel molo e, per rendere l’ormeggio più sicuro, si
annodavano ad altri anelli dell’approdo due cime legate ai cerchi di
poppa.Lo scafo era di colore nero, per il rivestimento di pece; i bordi
ed il pattino dipinti di vari colori, come anche i cerchi. La vela e la
tenda avevano un uniforme colore beige, risultato del trattamento della
canapa con il tannino. Spesso in cima all’albero vi era una banderuola di
lamiera, le cui forme erano diverse in funzione del paese di
appartenenza, o della famiglia. I nomi delle imbarcazioni più piccole
portavano nomi di donna, mentre quelle più grandi avevano aggiunto il
nome del paese di appartenenza.L’introduzione della navigazione a vapore
(nel 1826 sul Lario) fece nascere una certa concorrenza tra le gondole ed
i piroscafi. Le gondole riuscirono a sopravvivere a lungo grazie
soprattutto alla loro praticità. I piroscafi potevano approdare solo a
pontili attrezzati, mentre le gondole attraccavano ovunque senza
particolari difficoltà. Il servizio di trasporto per mezzo di gondole
durò fino verso la metà del Novecento, fino a che fu soppiantato
completamente dal trasporto via terra su autocarri o ferrovia.Nel 1950
erano 68 gli esemplari inseriti nel registro di iscrizione natanti a
motore adibiti al servizio trasporto merci. Oggi, sul nostro lago,
navigano sei esemplari. Inoltre due esemplari sono custoditi,
rispettivamente, uno al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano e
uno al Museo della Barca Lariana di Pianello del Lario.
Gondola veneziana sul lago
Antichi sono i rapporti tra la repubblica di Venezia e le popolazioni
lariane. Dal Settecento, i signori che trascorrevano le loro vacanze sul
lago, facevano a gara per il possesso della più bella barca da diporto.
Per appagare questo desiderio di prestigio e di presunta eleganza, fu
scelta la tipologia della gondola veneziana. Inizialmente queste barche
furono ordinate direttamente a Venezia e poi trasportate sul lago ma,
proprio il trasporto dalla città lagunare fino al lago via terra,
risultava molto onerosa. Inoltre, la continua e crescente richiesta di
questo tipo di imbarcazioni fece in modo che anche queste barche
iniziarono ad essere costruite direttamente nelle sòstre locali.
Ho
già citato la vicenda del cantiere Taroni ed evidenziato la particolare
abilità dei costruttori locali nell’apprendere ed applicare nuove
tecniche e tipologie di varia natura. In aggiunta a questo, le
particolari esigenze della clientela (che suppongo fosse molto
capricciosa) potevano essere meglio soddisfatte se l’imbarcazione veniva
realizzata nelle locali sòstre. In questo modo ogni fase della
costruzione poteva essere seguita anche dal committente che, in ogni
momento, poteva avere ripensamenti e proporre modifiche.Per soddisfare le
esigenze legate alla navigazione sul lago, nacque e si sviluppò la
“gondola veneziana lariana”. Era un’imbarcazione che non aveva nulla a
che fare con l’omonima lagunare. Di questa conservava solo il pesante
ferro a prua (che nello scafo veneziano ha una importante funzione
manovriera basata sul bilanciamento dei pesi) per motivi estetici.
Venivano chiamate gondole “veneziane” per poterle distinguere dalle
gondole lariane (grosse barche adibite al trasporto di merci e di
bestiame).Le gondole veneziane del Lario, più grandi e molto più stabili
di quelle lagunari, avevano le seguenti caratteristiche: fondo piatto e
geometria simmetrica dello scafo (al contrario di quello lagunare che è
asimmetrico), e fiancata molto inclinata. Potevano avere quattro o cinque
rematori (solitamente vestiti con una divisa in cotone colorato) che
vogavano in piedi col volto verso prua. Anche questa tipologia, non
autoctona, ha nel tempo finito con l’assumere caratteristiche locali,
somigliando alle barche da pesca tradizionali e perdendo la maggior parte
delle caratteristiche della tipologia d’origine. Questa è una
caratteristica di ogni imbarcazione a remi lariana.Ricordo, comunque, che
gondole tradizionali veneziane solcavano ancora le acque del lago. Ne è
testimonianza uno splendido esemplare conservato presso il Museo della
Barca Lariana, la cui costruzione è stimata intorno al 1860. Recenti
ricerche hanno rivelato che questa gondola è, probabilmente, la più
antica ed importante al mondo, motivo di orgoglio per il museo, ma anche
per tutta la navigazione lariana. Questa imbarcazione proviene dalla
villa “del Balbianello” (attualmente di proprietà del F.A.I. fondo per
l’ambiente italiano) e fu realizzata per la famiglia Arconti-Visconti,
allora proprietaria della dimora. Non rimangono, invece, esemplari di
gondola veneziana lariana naviganti. Al museo sono conservate parti di
queste imbarcazioni oltre a dipinti ed incisioni d’epoca.
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