O Derviees... |
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O Derviees L’ha metun in del Guanela A se n’ véed de ogna sort;
Pòor paées, a chi l’è in man ?
Guarda là qui dùu pelàà: Vun el gh’ha un testament Con un mùus inscì pelous Una ghigna de patibol ! I ghe diss: andé a Coren L’ve mantegh el vost pà Turba.] Basta dì che stò Giudé
De quell’otro peladel De vess lu el pegg porscel. E defati lu ‘l descour
De porscel el gh’ha el mùus Ma in lavor de tafanari
Per fas mett consigliér Fin a che l'han nominàa De vess noster Assessour.
A gh'è pu de fas stupour: L'è mancàa do mila franch Li ‘l nominen Cavagliéer.
Ma el pegg al dì d'incoeu Peg de lu de catà scià Gh'è de quj che voeur cagà I se sforzen, poden pù,
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O Derviesi A chi è in mano Il nostro paese ?! Dervio, paese disgraziato, Maneggiato dagli assassini Dagli imbroglioni e dai cretini Disonorato dovunque Non c’è nessuna pulizia Imbrattati i muri delle case Le contrade che fan pietà Un paese che fan così. Niente molo né pontile, Né sacrestia né orologio, Le strade rotte e scure di notte, Non c’è manco un Asilo Necessario, buon Dio, Non dico per i fanciulli, Che al giorno d’oggi nascono bravi Ma pei nostri Amministratori. Guerra a preti, medico, ostetrica Non vogliono più nemmeno le maestrine Pel timore questi cretini Di avere figli educati Sono arrabbiati col dottore Perché accoppa poca gente, Se non ci sono partorienti Han da dire dell’ostetrica. Anche il nostro farmacista Che non vuole somministrare Medicine da far crepare, Voglion che vada fuori dai piedi. Riguardo all’ordine pubblico v’è disposizione Che si deve lasciar girare Liberamente, Ogni sorta di prostitute. Di lasciar aperte le osterie Tutta la notte a far ballare E di andare a far baccanali Tutte le notti per le nostre vie. E magari di accapigliarsi Tra di loro i giovanotti E poi dire che non fa niente Quand’anche si ammazzassero. Che si debban rispettare Gli ubriaconi e i malfattori; E le persone più d’onore S’abban pure da far scappare. Quando infatti il nostro parroco Ha ricoverato al “Don Guanella” Una famosa puttanella Han tentato di togliergli il posto. Se ne vedon d’ogni sorte; Proibito, è un fatto vero, Di andare al Cimitero A pregar pei nostri morti. Proibita ai funerali La partecipazione dei Confratelli, Delle ragazze, delle Consorelle E perfino dei nostri figlioli. Proibito..., ce n’è ancora? Proibite le processioni E ogni sorta di funzioni E poi non diciamo il resto.
Povero paese, a chi è in mano ? A furfanti, cialtroni, taglieggiatori, Cuticagne, crepe, tronchi, pettoloni E a un postribolo di puttane Ceffi da ladro, da impiccato Musi di cane e zucche pelate, Orecchie d’asino, gente malsagomata Con degli occhi da gatto ammazzato; Certe sagome, certe facce Che assomigliano a quelle dei buoi, A quelle delle vacche o dei loro figli, Quelle delle bestie più selvagge. Accipicchia, che animali, Che abbiam qui nel nostro Comune ! Ma a pensare che siam stati noi Col nostro voto a nominarli Quasi quasi hanno ragione Di calpestarci, E di dirci che siamo mascalzoni Quando invece siam coglioni, E magari che i porcelli Non son loro e invece siam noi E che in quanto a buon costume Solo loro sono i veri modelli; Quando tutti vedono e tutti sanno Che son stati loro con le loro imprese A conciare (così) il nostro paese Pieno di ladri e di puttane.
Guarda là quei due calvi: Sono i capi dei nostri bordelli L’uno e l’altro due porcelli Che uguali non ce ne sono mai stati. Uno ha un testone Con due occhi da cane rabbioso Con un muso così peloso Che a vederlo fa spavento Un ghigno da patibolo ! Ma si sa che l’animaluccio E’ figlio di un certo Ciucio Un avanzo di postribolo. Si dà una importanza Come se fosse un gran talento, E di fatto è un portento Un fenomeno di ignoranza. Dov’è questo suo talento ? La licenza del suo lavoro L’ha comprata con i soldi; Da solo non sa fare nulla Deve correre di qua e di là A farsi fare le sue pratiche Fino a tanto che i suoi clienti Si mettono a sospettare. Sicchè effettivamente Egli non può in certo qual modo Voler dire: non è colpa mia Se imbroglio tanta gente. Perché quando un povero notaio Non conosce il suo mestiere Può andare a schiacciar foruncoli In servizio all’Ospedale. Ma pure ha il talento Di saper fare l’impostore Con i preti e col Signore E ingannare la brava gente. L’Arcivescovo di Milano Quando ha visto ‘sto scimmione In ginocchio a baciargli la mano, Ah, ha detto, che buon cristiano ! Per mantenere agli studi uno dei suoi, S’è fatto dare dal Conte Soriani Tutta a forza di inganni La pensione dei poveretti. E’ avaro come Giuda Come il Parroco di Corenno Che vende persino le penne Degli uccelli che tiene in muta. [E con tutto che sia prete E’ papà di due figlioli Che lui dice che non sono suoi Per non avere debiti con loro Intanto questi due figlioli Vanno in giro tutti stracciati A cercare l’elemosina Ma nessuno li vuole aiutare Che la gente maligna e furba Dice loro: andate a Corenno Che con gli stronzi e con le penne Vi mantiene il vostro babbo Turba.] Basta dire che questo Giudeo Per non spendere qualche soldo Presso Ostetrica e Farmacista Gli è morta anche sua moglie. Anche ora che lui gira A cercar di prender moglie Non è questo il suo pensiero Qualcos’altro egli ha di mira. Lui di donne ne ha abbastanza Ne ha tante in questa zona Che lo servon come mogli, Quello che cerca sono i soldi. O Luisa vieni qua tu Ti ricordi? Racconta su Cos’è che tu hai visto Che ha fatto il tuo marito; Quando andava ai monti di notte A trovare la ricciolina Con la lanterna in mano E sul naso i suoi occhiali. E poi quando accarezzava La sua cara mantovana E te invece, sta puttana, Spintonava e picchiava. Ti ricordi, povera donna, Quante volte tuo marito, Nel tuo letto al posto tuo Aveva lì una birbona ? Quante volte hai pianto Quando lui per castigarli Dava ai tuoi figlioli Botte puttane e calci in culo ? Li rinchiudeva al buoi Gli ha fatto patire la fame ? Che dolore per una mamma Vedere un padre così duro. Ne ha così da raccontare. Ma le vien da singhiozzare Non può nemmeno più parlare Ha paura ancor di lui. Avete sentito, o Derviées ? Adesso almeno potete capire A che razza di furfanti E’ in mano il nostro paese.
Di quell’altro “pelatello” Occorre far la storia Che lui stesso se ne gloria D’esser lui il peggior porco. E difatti lui dichiara Che sono a sua disposizione Tutte le donne del nostro Comune Porco cane che bel onore ! Ma se vi sono ragazze Donne che non han vergogna Di correre addietro a sta carogna, Non son altro che puttane. Lui si crede qualcosa di bello Perché ha dei bei guantoni Su tutte e quattro le zampine Ma è sempre un porcello.
Di porcello ha il muso Di porcello ha il portamento Di porcello ha il sentimento Di porcello persino la voce Non sentite come grugnisce Quando incontra qualche povero cristo Che non è nelle sue vesti ? Se potesse lo morderebbe. Una notte al chiar di luna Gli han vuotato un bel brentale Pien di merda sulle spalle Era lì assieme ad una. Poveretto, è pelatelo L’aria fredda gli fa male E quindi lui s’è inchiodato Sulla testa un berrettino. Disgrazia ha voluto Che un dì un colpo di vento Gli ha scoperto il testone Era nudo come un culo. A lui piace fare il cicisbeo Fare il vanaglorioso, andare a spasso Vestirsi bene, far andare le ganasce Ma non ha quattrini abbastanza. E sapete cosa ha fatto ? Ha convinto il Codeghin A prestargli il suo borsellino E in compenso ha dichiarato Che si mette al suo servizio Lui gli fa da galoppino Da Arlecchino, da damerino Sempre pronto a soddisfare i suoi capricci. Gli dice che per lui È il suo servitorello Pronto magari, sto porcello A leccargli il buco del culo. Che non fa per vantarsi, Ma in lavori anorettali È un ingegno straordinario Che l’uguale deve ancora nascere. E difatti sto porco vacca Per emanare gli sproloqui Contro i Toni e i Furmagiat Adopera persino la cacca. Suo padre ha ragione Nel dirgli a dietro che è un porcone, uno schifoso fannullone, vizioso e gran lazzarone. Ed è proprio in realtà Uno scarto della società Un disonore della sua casa Il crepacuore del suo papà. Ed in più questo buffone Sostiene che se in paese C’è ancora un uomo di peso (importante) È lui quello: ha ragione. Come dire che senza di lui Se non fosse che lui lavora Il paese va in malora E di bene non ce n'è più. I suoi colleghi veramente Quando vedono che è presente ‘sto factotum di città gli fan tutti i complimenti. Ha insomma il giusto intuito Tutte le belle abilità Le virtù, le qualità Del suo mastre Codeghino. E guardate combinazione Ambedue han le loro mammine Che son magari due cretine Ma son piene di religione. Loro in casa han l’altarino Dedicato a Santa (Maria) Bambina. Alla Messa alla mattina Mancano mai le due signorelle. E con le loro devozioni Con la loro gran pietà Hanno avuto il merito di creare Questa sorta di porconi.
Per farsi eleggere consigliere Un povero stupido imbecille Ha promesso di fare il pontile E di far bere buoni bicchieri. Per quattro mesi ha continuato Tutti i giorni a pagar pranzi A tutti quelli che han dovere di elettori Fino a che l’han nominato E l’hanno messo nel Comune Come un uomo di gran rispetto Ancorché egli sia interdetto E non renda conto delle sue azioni. Ma ..il pontile ?, o care le mie ciule Se aspettate che ve lo metta giù Lui risponde che lui non è Responsabile delle sue parole. Ed è vero, è un fatto Che ha lì un certificato Sul quale è dichiarato Che lui è un povero mentecatto Poi lo hanno messo anche nelle scuole Lui credeva sto somaro D’esser lì coi nostri scolari Come in mezzo alle bestiole. Ma i ragazzini solo a vederlo Come sempre gli piace Col mignolo spazzarsi il naso E mangiarsi il...ricavato, A vederlo con quei due occhi Da falchetto, con quelle orecchie Che paion quelle di un asino vecchio Con in testa quel copripidocchi; A sentirlo poi nella scuola Quando parla ‘sto asinone Delle nostre amministrazioni Che spropositi fa uscir di bocca; I ragazzini che non sono bambi L’hanno subito giudicato Che il bestiolo è adatto Ad essere nostro Assessore.
Non c’è più da stupirsi: L’autore di quel disastro Avvenuto nel teatro Quella notte alle undici (Come dice il monumento Che c’è dentro il cimitero Dove c’è tutto per intero Descritto l’avvenimento, Che son stati precisamente Tutti bruciati in conseguenza Dell’incosciente imprevidenza Di quel Sindaco prepotente). Che è stato Sindaco quattro mesi E diceva che il padrone Della Chiesa e del Comune Era lui e non il paese, E nella sua amministrazione Son mancate duemila lire Senza mai che dell’ammanco Abbia dato una spiegazione, Che in America lui lo sa I danari che ci tolto (Son finiti) a quel compagno che è morto Nel momento di tornare a casa. Che poi adesso ne ha fatte abbastanza Nel collegio che c’è a Vendrogno Che gli han detto: mio caro Tonio Torna a fare il materassaio. Anche questo, sissignori, L’hanno accolto con grande onore L’hanno fatto Conciliatore E poi dopo anche assessore. Io scommetto, son sincero, Che se combinasse ancora un disastro, Non mi dicono nemmeno un pater, Lì lo nominano Cavaliere.
Ma la peggior cosa al giorno d’oggi È d’aver Sindaco quel talento Che riesce soltanto A far carta e a far figli. Per non dire l’abilità Di far debiti e mai pagarli E averli poi da ipotecarli Sui figli e sulle case. Che però abbiamo sempre avuto Per nostri sindaci certa gente Che meritano veramente Di esser fatti correre a calci nel sedere Pare persino che sia un destino Che non ci sia mai nessuno Da eleggere Sindaco in Comune All’infuori di questi cretini Non è per niente Che i nostri contadini Chiamano Sindaci gli asinelli E li martellano di legnate. A questo son già arrivati Dei maledetti rimproveri Dall’illustrissimo signor Prefetto Che dovrebbe essersi dimesso Ma lui invece deve rimanere Per la semplice ragione Che non esiste un imbroglione Peggiore di lui da tirare qui Ce ne sono che vogliono defecare Che l’hanno lì allo sfintere anale, E si sforzano, a più non posso, Finalmente la evacuano. Ma per i nostri non è così. Loro debbono sempre spingere Senza mai poter evacuare E gli tocca di star lì. È qui ancora il nostro parroco Il maestro e il dottore E l’ostetrica a dispetto di loro Son qua tutti al loro posto. L’ostetrica a far nascere bambini Il parroco a battezzarli E il maestro ad educarli E il dottore a medicarli E se per eliminarli C’è qui sempre Antonio Porta Ne prende qui un buon numero E fa presto a bruciacchiali. Quest’ultimo fatto, o Derviesi È ancora il migliore Che questi nostri Amministratori Possono fare al nostro paese.
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